Escursioni e itinerari
Cannobio ed il Santuario della SS.ma Pietà
Cannobio, è sul promontorio del torrente cannobino allo sbocco della val Cannobina, è l’ultima cittadina italiana della riviera occidentale, dall’aspetto caratteristico per le sue vecchie case, per le sue vestigia medioevali, testimoni di un florido passato.
Vico romano (canobium), benchè preesistente a Roma, divenne borgo fortificato durante le invasioni barbariche, corte regia coi longobardi, Cannobio fu poi dell’arcivescovo di Milano, divenne quindi uno dei più importanti comuni del Verbano, con propri statuti, signoreggiato dalla famiglia guelfa dei Vicini, la cui influenza perdurerà a lungo anche con le successive dominazioni. Possesso dei Visconti nel 1342, e dei Borromeo dal 1441, la cittadina seguì poi le sorti politiche delle altre località della riviera.
Il 27/28 maggio 1859 i cannobiesi assalirono una flotta austriaca qui giunta per un’azione di disturbo; una lapide all’inizio del paese, ricorda l’eroico episodio.
Il lungolago (piazza Vittorio Emanuele II) è fiancheggiato da variopinte case, in parte antiche, rette da bassi porticati. Il panorama è bellissimo, comprende la tondeggiante mole del monte Borgna, col paese di Musignanoa mezza costa, poi i monti che a nord giungono sino al Sassariente, alla punta di Vogorno ed al poncione di Trosa, a sud est fino, alle prime alture del Verbano, a nord ovest oltre il monte Giove sino alle pendici del Limidario ed alla corona dei Pinci che digrada su Ascona, a sud ovest sui monti Carza e Piambello.
Al principio del lungolago, il monumento al fisico ed architetto cannobiese Giovanno Branca(1571/1645),verso la fine il monumento ai caduti di Aless. Laforet (1921). Chiude il lungolago il Santuario della Santissima Pietà, sovrastato da Tiburio ricinto da galleria a finestre serliane.
Questo Santuario è il secondo eretto in questo luogo, (il primo, scomparso, fu concluso nel 1530). A partire dal 1571 per interessamento di San Carlo Borromeo, a memoria e celebrazione dei Miracoli effettuati nel 1522, da una pergamena dipinta con l’immagione della pietà(Cristo morto tra la SS.ma Vergine e San Giovanni).
I progetti architettonici di Pellegrino Tibaldi, al quale dobbiamo certamente l’ideazione del tiburio, furono poi in parte modificati. La facciata ebbe questa sistemazione nel 1908, l’interno ad una navata, con breve transetto ed abside piana, è onusto di decorazioni plastiche e pittoriche, specialmente nella cupola (affreschi del Giussani) e nel capocroce.
I vari quadri, in gran parte del Sangiorgi e del Giussani, (sec. XIX), sono dedicati agli eventi miracolosi della pergamena della Pietà, che è custodita in una piccola nicchia sulla mensa dell’Altare Maggiore. Sopra questa venerata immagine si ammira la bellissima Pala del Gaudenzio Ferrari, raffigurante l’incontro di Gesù con Maria sulla via del Calvario. Nella Predella, lo stesso Ferrari dipinse quattro Angeli ornanti.
Sono ancora da notare, per qualità artistica, le policrome vetrate eseguite nel tardo 800 e, nel transetto sinistro, alle pareti dell’altare della Madonna del Rosario, due tele di soggetto Mariano attribuite a G.C. Procaccini. Sotto il Santuario si trova la Cripta ove è venerata la Salma del servo di Dio don Silvio Gallotti, grande educatore del Clero Novarese.
Dalla piazza del Santuario, si segue la via Gallotti, quindi la via Meschio che sbocca nella piazza ov’è la collegiata di San Vittore, imponente edificio neoclassico, sorto dov’era un antichissimo tempio ricostruito e rimaneggiato nel 1070, nel 1296 e nel 1575. La fabbrica presente, iniziata nel 1730,si presenta con una facciata a fastigio, sorretta da alte lesene.
Nell’ampio interno a navata con transetto, cappelle laterali e graziosi coretti, l’apparato decorativo comprende quadri del XVIII e XIX secolo e preziosi arredi sacri.
Sul fianco sinistro della collegiata,prospetta il palazzo della Ragione, detto Parrasio, eretto nel 1921 dal podestà di Cannobio Ugolino Mandello, alterato nel 600: presenta il tradizionale portico terreno dei palazzi comunali italiani, retto da 5 pilastri reggenti le volte a botte. il palazzo è congiunto con un altra torre cuspidata, apertain alto da trifore.
Dalpalazzo della Ragione si prende diritti la via Giovanola, quindi subito a destra, la via Mantelli che porta a sinistra alla piazza Santa Marta, preceduta da pronao, così sistemata nel 1581. Nell’interno ad una navata, è da segnalare, per ricchezza decorativa, la cappella a sinistra el’altare Maggiore ove, entro sontuosa cornice, è posta una Madonna con Bimbo del Procaccini.
Liberamente tratto da “Le meraviglie del Lago Maggiore” guida turistica edita da Reggiori).
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Il Santuario della Santissima Pietà
Il piccolo dipinto su pergamena (cm 27,5 x 30), raffigurante Cristo in Pietà tra Maria e Giovanni evangelista, è custodito dentro una nicchia ricavata al centro dell’altare Maggiore del Santuario, al di sotto della travola del Gaudenzio Ferrari, un vetro di antica fattura ne consente la visione.
All’epoca dei fatti straordinari accaduti nei giorni 8,9,10 e 28 gennaio 1522, e poi ancora nei successivi 4 e 27 febbraio, la pergamena, montata su tavoletta lignea, stava collocata in una saletta al piano superiore dell’abitazione del facoltoso notabile Tommaso Zaccheo, affacciata sul lungolago fra le altre case patrizie dei Mantelli, dei Tassani, degli Omacini e dei Luati.
Ci sono pervenute deposizioni attendibili, rogate tra fine gennaio e l’inizio di febbraio di quell’anno dal notaio Bartolomeo Albertini, e per il 27 febbraio dal notaio Giacomo Poscolonna. Sono testimonianze dirette, di lacrimazioni e di essudazioni di sangue dalle ferite di Gesù Cristo e dagli occhi delle due figure astanti, nonchè di una conturbante fuoriuscita di una costola sanguinante, proporzionata al costato della Pietà, con spargimento di gocce di sangue vivo su una tovaglia sottostante alla tavoletta e sugli abiti delle persone ad essa più vicine.
La Sacra Costa, fu depositata nella parrocchiale di San Vittore e vi è tuttora conservata dentro il reliquiario donato nel 1605 da Cardinale Federico Borromeo. Le stoffe segnate da gocce di Sangue, sono racchiuse nell’urna posta sotto la mensa dell’Altare Maggiore del Santuario. L’analisi eseguita nel 1922 da P. Agostino Gemelli vi accertò la presenza di sangue umano.
A datare dal 1524, con la ristrutturazione delle stanze superiori di casa Zaccheo cedute alla cosiddetta Confraternita della Devozione, si ottenne un unico capace oratorio, dotandolo di un atrio prospicente il lago, mediante prolungamento terrazzato sorretto da portico e raggiungibile da due scale laterali.
Dal 1575 al 1614, con il solo sotegno finanziario di borghigiani e di devoti, fu eretta e completata la struttura muraria dell’attuale edificio, con l’avallo di San Carlo Borromeo, che ne affidò il progetto al Tibaldi, e con l’impiego di maestranze locali, dirette dai Beretta (padre e figlio) di Inzella di Brissago.
Sotto il Santuario, si apre la Cripta con la tomba del Venerabile Don Silvio Gallotti, Cannobiese illuminato direttore dei chierici novaresi ed ardente Apostolo della devozione a Maria. Si spense a 46 anni il 2 maggio 1927 a Pallanza.
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